Settembre 25, 2024

di CINZIA ZANARDO

Nogaredo piccolo comune Trentino con poco più di duemila anime, a un km dall’uscita autostradale Rovereto nord, è più conosciuto da chi si reca al MART, museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto che dal turista abituale.
Non basta essere amanti del vino, siamo tra i vigneti della Vallagarina in cui si produce il famoso Marzemino, per arrivare qui, bisogna aggiungere la curiosità per la storia e l’interesse per le antiche vestigia. Allora la località regala la bellezza e l’imponenza di architetture e atmosfere d’altri tempi.

PIPO E OLIVIA VOLPINI DE MAESTRI

Spicca Palazzo Londron situato nel centro di Nogaredo, che fu la residenza di una delle famiglie nobiliari più importanti del Trentino, i Conti Lodron. Oggi il grande Palazzo, dimora storica edificata a partire dalla seconda metà del 1400 e terminata nel 1600, ospita un accogliente Relais, una piccola Tenuta vitivinicola e parte del Palazzo padronale residenza della discendenza Lodron.
La famiglia trasferì qui la propria sede, abbandonando il Castello di Castelnuovo e trasformando il palazzo in una elegante e raffinata dimora signorile, dotata di vasti giardini e articolata in più corpi di fabbrica.
Fu probabilmente Niccolò Lodron a conferire nel 1593 al palazzo le sue eleganti forme tardo rinascimentali, intervenendo sulle strutture di un edificio preesistente per realizzare quella che innanzitutto doveva diventare la sede dell’amministrazione giudiziaria dinastiale.
L’ ingresso nobile del palazzo, severo e massiccio, è sormontato dalla statua in pietra calcarea di Nicolò, ufficiale Imperiale in armatura, governatore del Tirolo, padre di Paride, che divenne Principe Arcivescovo di Salisburgo dal 1619. All’interno si trova l’elegante e ricca cappella dedicata a San Carlo Borromeo e lungo il corpo centrale la Sala del Giudizio, sede dei processi alle streghe nel periodo 1646 -1717.
Visitando il palazzo, per gentile concessione della proprietaria, la signora Olivia, la mente galoppa indietro nel tempo, aiutata da arazzi, affreschi, armi e ritratti.
L’occhio cade sul ritratto di Paride Lodron, nato a Castelnuovo di Noarna di Nogaredo nel 1586, uno dei personaggi più in vista del casato, principe arcivescovo di Salisburgo, apprezzato per aver governato la città in pace e prosperità mentre il resto dell’Europa era funestata dalla Guerra dei Trent’anni. Paride era il primogenito di Niccolò di Paride e di Dorothea Welsperg. Il padre Nicolò fu un militare di carriera che prese parte per gli Asburgo a campagne in Ungheria Italia e Portogallo. Ebbe incarichi di prefetto di Palazzo dell’imperatore Rodolfo II. Capitano generale delle Milizie del Tirolo, si trovò a dirimere, per parte Imperiale, con il provveditore oltre il Mincio, una questione di confini tra la Serenissima e Folgaria.
La precoce vocazione religiosa di Paride costrinse Nicolò a passare al figlio minore Cristoforo, parimenti militare di carriera, diritti e obblighi del primogenito.
Paride intraprese gli studi ecclesiastici a Trento poi a Bologna e nella fase finale all’Università di Ingolstadt -Germania.
Divenne canonico del Duomo di Salisburgo e gli vennero affidate numerose prebende, a Trento, a Ratisbona e in Carinzia. Nel 1612 frequentò la curia Romana e ciò gli facilitò l’assegnazione, da parte di Papa Paolo V, della Pieve di Santa Maria Assunta di Villa Lagarina. Ritornato a Salisburgo con il fratello Cristoforo, ebbe la prepositura della città nel 1616 e la nomina ad arcivescovo nel 1619, fino al 1653 anno della morte.
Nonostante l’accumulo di cariche, si distinse per il suo valido operato. Presidente della Camera di corte nel 1616, fu il responsabile di Economia e Finanze dell’Arcivescovado. Riordinò la gestione delle miniere, in primo luogo quelle del Sale, la fonte più cospicua delle entrate, portandole sotto il controllo erariale e alle dirette dipendenze della Camera. In politica estera mostrò di sapersi pragmaticamente destreggiare, ponendo le basi di quel principio di equidistanza dall’impero e dal Ducato di Baviera, suoi potenti vicini, osservato con successo durante tutta la guerra dei Trent’anni.
Con l’intervento dell’architetto bergamasco Santino Solari, Paride fece costruire, in 14 anni, il Duomo di Salisburgo, consacrato con grande solennità nel 1628 dopo aver istituito, nel 1623 anche l’università. In questo periodo il Solari completò inoltre il palazzo di Nogaredo. Paride lasciò una forte impronta in campo architettonico, urbanistico e militare, rinnovando Salisburgo e aggiornandone le strutture difensive. Sullo sfondo della guerra dei Trent’anni (1618-1648) egli si guadagnò il consenso politico e diplomatico per il programma di risanamento di un oneroso debito pregresso e per il reperimento dei fondi necessari alla difesa dello Stato. L’Arcivescovado non fu mai direttamente coinvolto nelle operazioni militari, risparmiando guerre e distruzione. Consistenti furono i lasciti testamentari e cariche politiche e amministrative verso i suoi parenti. Morì a Salisburgo nel dicembre del 1653 e fu sepolto nel Duomo della Città.

Nogaredo città delle streghe.
Ne parlano fonti ufficiali che riportano gli atti dei processi del 1646 per stregoneria, come pure la relazione del Vicario parrocchiale di villa Lagarina don Domenico Antonio Menestrina circa la strega Domenica condannata a morte nella giurisdizione di Castellano e Castelnuovo dei conti Lodron nell’anno 1717 ultima esecuzione capitale per stregoneria in terra Trentina.
Corre l’anno 1646 quando nella piazza di Nogaredo tal Mercuria accusa una venditrice locale, Domenica e la figlia, di essere stria. Le tre donne finiscono nella prigione della Rocca di Castel Noarna e inizia un processo criminale alle streghe. Vengono rasate e sottoposte a interrogatori sempre più pressanti. Per Domenica e la figlia sono torture quotidiane, appese a una trave del soffitto, con una corda legata ai polsi sino alla rottura dei tendini, cunei di legno inseriti tra le dita fino a spezzare le ossa. Nulla fu possibile contro il potere della Chiesa, della Santa Inquisizione e del principe Massimiliano Londron che amministrava la giustizia e promulgava leggi dal suo Maniero sulla Vallagarina. Bastava una frase per innescare e ravvivare rabbia e miseria in una società rurale già provata dalla fame e incline a superstizioni, magie e suggestioni.
Il caso fu affidato a due monaci inquisitori austriaci, famosi per aver smascherato numerosi complotti di streghe nella vallata. Usavano metodi terribili e le sventurate che cadevano nelle loro

PALAZZO LODRON – LE CANTINE

mani confessavano sempre o morivano per le torture. Partivano sempre dall’idea che fossero streghe. Il contrario andava provato. Nessuna discolpa fu sufficiente, anche il Lodron era stanco di quelle donne che sconvolgevano la pace di Nogaredo.
Così al tramonto di un giorno d’estate nell’anno del Signore 1647, Domenica, Lucia, Ginevra, Caterina e Benvenuta vennero decapitate e poi messe dal rogo.
La folla gridava vendetta e chiedeva a gran voce la testa delle streghe. Tempi passati, ma da ricordare.
Ogni anno a Palazzo Lodron il 30 aprile e 1° maggio Viene ospitato il “Calendimaggio delle strie” per non dimenticare quanto avvenuto e ridare dignità alla donna, al suo pensiero, alla sua immagine, alle sue emozioni.

Mozart e il vino
La contessa Antonia Lodron, nel 1700, intrecciò un solido rapporto di amicizia con Wolfgang Amadeus Mozart. Il compositore austriaco dedicò due “Sonate Lodron” alla Contessa, alle cui figlie impartiva lezioni di pianoforte. “Divertimento N°10”, dal nome di una delle due sonate Lodron è il vino che suggella ancora oggi quel legame, prodotto nella piccola tenuta vitivinicola di tre ettari, Palazzo Lodron, (www.palazzolodron.it) insieme al Flaminia Rosato e Rizzoi, tre vini di taglio bordolese, conservati nelle preziose cantine scavate nella roccia.

Photo Copryright GS, Gregor Schwarzacher